Quanto influisce la genetica sulla composizione corporea di una persona?
Che ne pensa delle “diete genetiche”?
A parità di altezza, età, calorie assunte, attività fisica, è possibile che due persone distinte ingrassino in modo differente?
Ovvero una ingrassi e l'altra rimanga magra?
glutine e celiachia -- Una persona nasce celiaca oppure ci diventa se mangia troppo glutine?
Si può parlare di "grado di intolleranza" al glutine inteso come “leggera celiachia”?
Esiste una intolleranza al glutine che non sia celiachia?
Esiste la familiarità nei casi di colesterolo alto?
È pericoloso mangiare carne e pesce crudo?
È vero che il tonno può contenere alti livelli di mercurio?
Perché?
Quali atri pesci?
Gli astronauti si nutrono di "pappette". Questo dovrebbe significare che gli integratori potrebbero sostituire completamente i pasti. Che ne pensa?
È vero che la soia non è raccomandata nelle persone affette da tumore?
Sto prendendo alcuni farmaci contro il reflusso gastro esofageo. Potrebbero nuocere alla mia salute nel lungo periodo?
Posso sostituirli con una dieta corretta?
Le risposte ai quesiti più interessanti e frequenti saranno pubblicati in forma anonima.
Un'informazione consapevole è fondamentale.
Per questo ho pensato di sviluppare questa sezione nella quale trovate raccolti alcuni articoli che ho scritto sui temi della nutrizione, dietologia ed educazione alimentare.
Ma non dimenticare che nessuna informazione può valere quando un consulto specialistico.
Non esitare quindi a contattarmi.
L’Alimentazione Naturale Per La Salute e La Bellezza Della Donna
Dimagrire Velocemente
Nutrizione e Oncologia
Microbiologia Intestinale, ObesitÀ, e Nash
La Dieta Come Modulatore Del Microbiota Intestinale: L'Effetto Della Globalizzazione
Dieta, Microbiota e Sistema Immunitario Nello Sviluppo Neoplastico
Alimentazione e Patologia Retinica
Ruolo Dell’Alimentazione Nella Prevenzione Dell’Ictus
Alimentazione e Sport: Quale Ruolo Per Gli Integratori?
Disturbi Del Comportamento Alimentare Ed Obesità Infantile
Diminuire Il Rischio Tumorale. Raccomandazioni Wcrf
Latticini Magri. Aspetti Positivi
Aspetti Controversi Sui Latticini
Bevande Vegetali Surrogati Del Latte
L’Integrazione Di Vitamina a “Caret Study”
Metabolismo In Gravidanza
Alimentazione In Gravidanza
Il Diabete Mellito Gestazionale (GDM)
Promuovo e partecipo ad eventi volti ad informare il pubblico sui progressi scientifici in ambito medico nutrizionale ed eventi per la promozione di stili di vita corretti e bilanciati che mirino ad elevare la salute ed il benessere dell'individuo.
Ho quindi raccolto questi interventi in un canale YouTube dedicato.
Ti ricordo comunque che nessuna informazione può essere sostitutiva di un consulto specialistico.
Non esitare quindi a contattarmi.
Io sono un medico chirurgo, avendo conseguito la Laurea in Medicina e Chirurgia all'Università degli studi di Udine, e sono iscritta all'Albo dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Pordenone, al numero 1749.
Un dietologo è un medico chirurgo che ha conseguito una specializzazione in Dietologia. Per approfondire le mie conoscenze in ambito nutrizionale io ho preferito conseguire una seconda laurea magistrale in Scienze dell'Alimentazione all'Università degli Studi di Firenze.
Ho poi partecipato a corsi di perfezionamento e master di specializzazione nel settore della nutrizione.
Posso prescrivere diete in quanto medico, esattamente come il dietologo (da non confondere con il dietista che non è un medico).
Le mie referenze universitarie e formative sono visibili come download nella pagina "Chi sono" del mio sito web.
In caso di patologia "presunta", solamente un medico può accogliere il paziente.
In caso di "patologia certa, cioè precedentemente diagnosticata da un medico", sia il medico che il biologo nutrizionista, iscritti ai rispettivi Albi Professionali, possono elaborare diete specifiche.
In nessun caso il dietista può operare autonomamente: sempre e solo in collaborazione e su indicazione del medico.
Lo stesso Ordine dei Biologi Nutrizionisti precisa che:
"In sostanza, dal raffronto delle competenze delle due figure professionali, risulta in maniera chiara che in nessun caso il dietista può agire in maniera autonoma in quanto può operare solo in collaborazione e su indicazione del medico, laddove il biologo può, in piena autonomia, elaborare profili nutrizionali, con il solo limite che quando sospetti che il cliente possa essere affetto da una qualche patologia, deve astenersi da ogni diagnosi e prescrizione di cura e rinviare il cliente stesso agli accertamenti che solo il medico può fare.". *
Solamente medici chirurghi e biologi nutrizionisti possono prescrivere diete.
Entrambe le figure lo possono fare solamente se iscritte ai rispettivi albi di competenza.
Si precisa che:
Solamente medici chirurghi e biologi nutrizionisti possono prescrivere diete.
Per verificare se un medico è iscritto ad uno degli Albi Provinciali, nonchè per informarsi sulle sue reali competenze, si può eseguire una ricerca al sito della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri:
Analogamente, per verificare se un biologo è iscritto all'Ordine Nazionale dei Biologi Nutrizionisti:
No: Un biologo può esericitare la professione di biologo nutrizionista se iscritto all' Albo Nazionale dei Biologi.
Va segnalato, tuttavia, che il Consiglio Superiore di Sanità del Ministero della Salute, in data 12 aprile 2011, esprime parere secondo il quale "sia preferibile che il biologo, per esercitare l'attività di nutrizionista in ambito privato, abbia conseguito il diploma di specializzazione universitaria in Scienze dell' Alimentazione" *.
I biologi nutrizionisti che fanno parte del Team Dietologico da me coordinato al Centro Medico NUTRIZIONE PREVENZIONE dispongono tutti di una laurea magistrale o specializzazione universitaria in Scienze dell' Alimentazione.
Affidarsi ad un medico nutrizionista è sempre vantaggioso perchè solo un medico chirurgo può:
La composizione corporea è influenzata da sesso, età, massa muscolare, fattori genetici.
Rispetto allo stile di vita, l’assetto genetico ha tuttavia meno influenza di quel che si pensi : talvolta viene usata come giustificazione, ma spesso siamo in sovrappeso perché non sappiamo alimentarci, non “per costituzione”!
Quanto alle “diete genetiche” penso sia ancora lontano il momento in cui la medicina sarà in grado di manipolare il dna umano in sicurezza e con totale cognizione di causa. La medicina contemporanea conosce solo una piccola parte dei geni implicati nel metabolismo umano e al momento non ha senso correlare uno specifico profilo molto parziale di DNA a un regime alimentare, poiché non sono note tutte le interazioni e gli effetti di questi geni.
Da medico ritengo azzardato ipotizzare una dieta genetica in un contesto di ancora scarsa conoscenza scientifica.
La composizione corporea è influenzata da sesso, età, massa muscolare, fattori genetici.
Rispetto allo stile di vita, l’assetto genetico ha tuttavia meno influenza di quel che si pensi : talvolta viene usata come giustificazione, ma spesso siamo in sovrappeso perché non sappiamo alimentarci, non “per costituzione”!
Quanto alle “diete genetiche” penso sia ancora lontano il momento in cui la medicina sarà in grado di manipolare il dna umano in sicurezza e con totale cognizione di causa. La medicina contemporanea conosce solo una piccola parte dei geni implicati nel metabolismo umano e al momento non ha senso correlare uno specifico profilo molto parziale di DNA a un regime alimentare, poiché non sono note tutte le interazioni e gli effetti di questi geni.
Da medico ritengo azzardato ipotizzare una dieta genetica in un contesto di ancora scarsa conoscenza scientifica.
La composizione corporea è influenzata da sesso, età, massa muscolare, fattori genetici.
Rispetto allo stile di vita, l’assetto genetico ha tuttavia meno influenza di quel che si pensi : talvolta viene usata come giustificazione, ma spesso siamo in sovrappeso perché non sappiamo alimentarci, non “per costituzione”!
Quanto alle “diete genetiche” penso sia ancora lontano il momento in cui la medicina sarà in grado di manipolare il dna umano in sicurezza e con totale cognizione di causa. La medicina contemporanea conosce solo una piccola parte dei geni implicati nel metabolismo umano e al momento non ha senso correlare uno specifico profilo molto parziale di DNA a un regime alimentare, poiché non sono note tutte le interazioni e gli effetti di questi geni.
Da medico ritengo azzardato ipotizzare una dieta genetica in un contesto di ancora scarsa conoscenza scientifica.
Si può nascere con una predisposizione genetica, ma questo non implica che si diventerà celiaci.
Non esiste leggera celiachia: o si è celiaci o non lo si è, non esistono vie di mezzo.
Esistono intolleranze al glutine (impropriamente definite) che in realtà sono “sensibilità al glutine”, ma non si tratta di celiachia.
ATTENZIONE: I casi di intolleranza al glutine non celiachia sono sovrastimati. Si fanno più diagnosi di quante ve ne siano veramente, soprattutto in America o in alcuni esercizi commerciali, per vendere i costosi prodotti privi di glutine.
Si può nascere con una predisposizione genetica, ma questo non implica che si diventerà celiaci.
Non esiste leggera celiachia: o si è celiaci o non lo si è, non esistono vie di mezzo.
Esistono intolleranze al glutine (impropriamente definite) che in realtà sono “sensibilità al glutine”, ma non si tratta di celiachia.
ATTENZIONE: I casi di intolleranza al glutine non celiachia sono sovrastimati. Si fanno più diagnosi di quante ve ne siano veramente, soprattutto in America o in alcuni esercizi commerciali, per vendere i costosi prodotti privi di glutine.
Si può nascere con una predisposizione genetica, ma questo non implica che si diventerà celiaci.
Non esiste leggera celiachia: o si è celiaci o non lo si è, non esistono vie di mezzo.
Esistono intolleranze al glutine (impropriamente definite) che in realtà sono “sensibilità al glutine”, ma non si tratta di celiachia.
ATTENZIONE: I casi di intolleranza al glutine non celiachia sono sovrastimati. Si fanno più diagnosi di quante ve ne siano veramente, soprattutto in America o in alcuni esercizi commerciali, per vendere i costosi prodotti privi di glutine.
Si, esistono diversi tipi di ipercolesterolemie familiari.
Questo non significa che non si possa fare niente per combattere l'ipercolesterolemia familiare e che l'unica possibilità di cura sia il ricorso ai farmaci: studi scientifici molto seri hanno dimostrato che il connubio stile di vita-abitudini alimentari è molto più potente dell’assetto genetico nel controllare il livello di colesterolo.
L'utilizzo di farmaci andrebbe valutato solamente nei casi in cui un adeguato stile di vita e una corretta alimentazione non siano sufficienti a contenere il problema, ovvero in molti meno casi.
In genere no.
Lo è solo se non vengono rispettate le norme igieniche di lavorazione e conservazione o se, durante la lavorazione, anche casalinga, tali cibi vengono contaminati da microrganismi.
Esistono poi delle condizioni specifiche, come la gravidanza, nelle quali si raccomanda di astenersi dall’assunzione di carne e pesce crudi in quanto, per il rischio di nuocere al feto, non sarebbe possibile prestare le cure farmacologiche adeguate in caso di infezione.
I pesci grandi, cibandosi dei pesci più piccoli, possono accumulare alcune tipologie di sostanze tossiche: è il caso del metilmercurio, un derivato del mercurio. Il processo è definito biomagnificazione.
Il metilmercurio può essere presente in alte quantità anche in altre specie ittiche commestibili di grande taglia, soprattutto nel pesce spada e negli squalidi (verdesche, palombo, smeriglio).
Alcune analisi hanno rilevato che il pesce spada proveniente dal Mediterraneo sarebbe più contamicato da metilmercurio di quello di origine atlantica.
Il tonno “pinna gialla”, essendo di taglia inferiore rispetto al tonno rosso, contiene generalmente quantità di metilmercurio inferiori.
No: gli astronauti vivono in una condizione molto particolare, addirittura al di fuori dalla gravità terrestre. Non hanno a disposizione tempo e risorse come le persone che vivono a terra e per questa ragione necessitano di alimentarsi seguendo regimi alimentari studiati ad hoc.
La questione è ancora in fase di approfondimento e definizione da parte della comunità scientifica.
Nel frattempo, considerata la presenza di fitoestrogeni e la frequente origine OGM della soia, preferisco non raccomandare alimenti a base di soia alle persone affette da neoplasie.
I farmaci contro il reflusso esofageo, se prescritti dal medico specialista, sono importanti e ci proteggono dalle complicanze che il reflusso può portare.
Affiancando ai farmaci una terapia alimentare mirata è possibile ridurre i sintomi della malattia.
Nei casi più favorevoli, si valuterà assieme al medico curante l'eventuale sospensione del farmaco qualora un ritrovato regime alimentare equilibrato ne dimostri i presupposti.
Prendersi cura di se stessi è un modo per volersi bene. Ci sono tanti modi per farlo e molto spesso sono tra loro complementari. Una sana alimentazione e una adeguata idratazione costituiscono la base dei presidi per mantenere bellezza e giovinezza.
Negli alimenti presenti in natura esistono tutti i principi attivi di cui abbiamo bisogno per mantenere il nostro corpo in salute ed in perfetta forma fisica. Nascosti negli alimenti troviamo infatti specifici oligoelementi, che contrastano l’invecchiamento precoce della pelle e i polifenoli, sostanze ad alto potere antiossidante, con effetti positivi contro malattie legate all’invecchiamento e alla genesi tumorale.
Fondamentale è imparare a conoscere quali alimenti ne sono più ricchi e come prepararli, cucinarli, condirli e abbinarli. Questi elementi sono infatti diversi tra loro e necessitano di una preparazione specifica per ottimizzarne gli effetti.
Non tutti sanno ad esempio che la vitamina A viene degradata maggiormente con il taglio dei vari alimenti che la contengono piuttosto che con la cottura o che per assorbirla occorre che essa sia veicolata da una piccola fonte di grasso “buono”.
E’ altrettanto importante nutrire ed arricchire la flora intestinale, l’insieme dei batteri che naturalmente sono presenti nel nostro intestino. Questi batteri sono responsabili dell’assorbimento delle preziosissime sostanze di cui abbiamo bisogno. Come dimostrano i più recenti studi scientifici, i batteri presenti nel nostro intestino sono in grado di modificarsi in risposta ai cambiamenti delle nostre abitudini alimentari. Questa è una scoperta molto importante perchè sapendo cosa mangiare possiamo determinare la composizione della flora batterica e, in questo modo, fare la differenza in termini di salute e infiammazione delle nostre cellule.
Non dimentichiamoci infine che la pelle è lo specchio del nostro intestino. Alimentarsi nel modo corretto esalta l’efficacia dei trattamenti di bellezza.
Dr.ssa Valentina Ventura
Medico Chirurgo e Dottore Magistrale in Scienze dell'Alimentazione
Non sono favorevole alle diete che permettono a chiunque di dimagrire velocemente, senza tener conto di età, situazione clinica e necessità personali.
Bisogna prestare molta attenzione a questo tipo di approccio: perdendo troppo velocemente peso, non faccio altro che perdere acqua corporea e massa magra, e non tanto la massa grassa, che invece è la vera responsabile di sovrappeso ed obesità, ed è quella che si dovrebbe mirare a perdere invece! La massa magra, muscolo compreso per intenderci, è quella metabolicamente sempre attiva, quella che ci fa consumare anche a riposo ed è quindi un errore farla calare. Con le diete drastiche ciò è impossibile, poichè la reazione corporea normale è quella di digerire la massa magra, per darsi sostegno, visto che all'improvviso, da fuori, vengono meno le risorse.
Non solo! Il rischio, è quello di andare incontro a malnutrizione e carenze nutrizionali più o meno gravi. Ecco perchè è importante elaborare una terapia nutrizionale personalizzata, che tenga conto di età, impiego, attività sportive e ludiche, fabbisogno energetico di macro e micronutrienti, composizione corporea e tutto ciò che è indispensabile a compiere un percorso in salute e in benessere psico fisico.
E' dimostrato che al drastico calo di peso segue, nei 6 mesi successivi, un altrettanto rapido incremento del peso, con qualche kg in più, in omaggio.
Dr.ssa Valentina Ventura
Medico Chirurgo e Dottore Magistrale in Scienze dell'Alimentazione
Quando parliamo di malattie oncologiche, gli aspetti nutrizionali da prendere in considerazione sono due: la prevenzione dei tumori e la terapia di supporto dopo la diagnosi.
I tumori sono una proliferazione incontrollata di cellule che invade i tessuti circostanti alterandone struttura e funzioni. Nella genesi tumorale intervengono molteplici fattori e, tra questi, la nutrizione gioca un ruolo importante. Solo il 5-10% di tutti i tumori infatti è di origine genetica, mentre nel restante 90-95% le cause sono imputabili a: dieta e abitudini alimentari (30-35%), tabacco (25-30%), infezioni (15-20%), obesità (16 - 20%), alcol ( 4-6%) ed altre cause (10-15%).
Risulta evidente quindi che, con una sana e corretta alimentazione, una buona percentuale di queste malattie può essere prevenuta.
E’ noto da maggior tempo inoltre che il sovrappeso e l’obesità aumentano la mortalità di tutte le malattie, sia negli uomini che nelle donne ed è correlata ad aumentato rischio neoplastico in particolare in alcuni tipi di neoplasie.
Quando invece la malattia è già stata diagnosticata, l'alimentazione può costituire un valido supporto durante tutte le fasi di cura.
Quando un paziente è malato di tumore, infatti, esistono numerosi fattori legati al tumore che incidono sullo stato nutrizionale, sui quali possiamo intervenire in modo proficuo.
I tumori possono creare un ostacolo meccanico al passaggio degli alimenti ( come ad esempio neoplasie del tratto gastrointestinale o neoplasie che, crescendo, lo comprimono) oppure possono produrre sostanze che impediscono l' assorbimento dei nutrienti. Altri fattori che incidono sullo stato nutrizionale sono legati al trattamento eseguito. Per esempio, la radioterapia e chemioterapia spesso causano ulcere, nausea, vomito, diarrea, alterazioni del gusto e dell’olfatto, che diminuiscono la possibilità di alimentazione. Infine, anche l'ansia e la depressione possono influire negativamente sul modo di alimentarsi.
Una nutrizione bilanciata e corretta mantiene l’organismo in buono stato funzionale, in modo da permettergli di affrontare al meglio qualsiasi terapia e far si che il recupero dopo le terapie sia più veloce.
Durante le terapie è importante evitare la malnutrizione, una condizione di squilibrio tra l'apporto di energia e nutrienti e la quantità che il nostro organismo necessita per espletare le sue funzioni specifiche. La malnutrizione porta ad un aumento di complicanze e mortalità, allungamento dei tempi di degenza e di riabilitazione, con conseguente peggioramento della qualità di vita.
Quando la malnutrizione è avanzata, parliamo di cachessia neoplastica. La cachessia è causa di circa il 20% dei decessi ma è una causa che può essere abolita, se curata e seguita in tempo.
È auspicabile quindi che, parallelamente al percorso delle cure oncologiche, si instauri un percorso nutrizionale, perchè i pazienti possano godere di un costante supporto per prevenire e correggere malnutrizione e cachessia.
Un supporto nutrizionale efficace deve essere precoce, dinamico, in quanto deve modificarsi a seconda delle varie fasi di trattamento e personalizzato, poichè deve tener conto di abitudini e gusti del paziente.
Dr.ssa Valentina Ventura
Medico Chirurgo e Dottore Magistrale in Scienze dell'Alimentazione
Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità l'86% dei decessi e il 75% delle spese sanitarie in Europa e in Italia sono causati da: malattie cardiovascolari, tumori, diabete mellito, malattie respiratorie cronache nonché problemi di salute mentale e muscolo scheletrici. Queste patologie hanno in comune fattori di rischio che sono modificabili, quali: il fumo di tabacco, l'obesità e sovrappeso, l'abuso di alcol, lo scarso consumo di frutta e verdura, la sedentarietà, l’eccesso di grassi nel sangue e l’ipertensione arteriosa.
I quattro principali fattori di rischio (fumo, alcol, scorretta alimentazione, inattività fisica) sono ben conosciuti ed è evidente che la mancata azione su di essi comporta un aumento di morti premature e malattie evitabili. Questi fattori di rischio sono infatti responsabili, da soli, del 60% della perdita di anni di vita in buona salute sia in Europa che in Italia.
L’obesità si associa in percentuali variabili ad una patologia degenerativo-infiammatoria epatica denominata “steatosi epatica non alcolica” NAFLD (non alcoholic fatty liver disease), che si definisce come infiltrazione di grasso (prevalentemente trigliceridi), all'interno di almeno il 5% del tessuto epatico. Questa condizione è presente nel 20-25% della popolazione generale, con una prevalenza del 50-90% dei soggetti obesi e rappresenta l'80% dei casi di cirrosi criptogenetiche Eed è la causa del 70% delle “primary non-function” e di rigetto acuto di fegati trapiantati.
a NASH rappresenta circa il 20% delle NAFLD. E’ associata a sovrappeso corporeo nella stragrande maggioranza dei casi, a diabete nel 9-12% e a displipidemia dal 20 al 40% a seconda degli studi.
I meccanismi attraverso cui si instaura la NAFLD sono diverse a seconda della causa. Nelle forme secondarie si riconoscono come causa: l’esposizione a tossici, alcol, lL’uso protratto di farmaci epatotossici, la nutrizione parenterale etc. La forma primitiva trova nell’insulinoresistenza e nelle alterazioni di altri ormoni regolanti il metabolismo glucidico e lipidico (leptina e adiponectina) e nell'aumento di alcune citochine (TNFalfa, interleuchine) i momenti patogenetici principali. Ciò implica che la NAFLD è spesso un elemento caratterizzante della sindrome metabolica.
L'accumulo di grasso nel fegato può regredire, almeno in parte, se gli errori metabolici fattori tossici che sostengono al suo deposito vengono eliminati. Ad oggi sembrano essere promettenti alcuni approcci non farmacologici; fra di essi la supplementazione di acidi grassi poliinsaturi di tipo omega3 anche in forma di alimenti arricchiti (nutraceutici) e di miscele di aminoacidi capaci di indurre il fenomeno dell’insulino-resistenza, che sembra essere uno dei meccanismi fisiopatologici rilevanti. Sono infine allo studio alcune miscele di antiossidanti capaci di intervenire sul meccanismo fisiopatologico dello stress dell'ossidativo indotto dall'infiltrazione grassa di fegato.
Dr.ssa Valentina Ventura
Medico Chirurgo e Dottore Magistrale in Scienze dell'Alimentazione
La colonizzazione microbica del tratto gastrointestinale è un processo fondamentale nel ciclo di vita umano poiché le interazioni tra microbiota e l’ospite influenzano la salute e la malattia.
I set di dati metagenomici ottenuti in tutto il mondo in diverse popolazioni mostrano che sia l'ospite sia fattori ambientali come la dieta, possono influenzare l'ecologia microbica intestinale nel corso della vita.
Quando le persone si spostano da un ambiente rurale a zone urbane e sperimentano condizioni socio economiche migliori, adottando una dieta di tipo occidentale “globalizzata” il microbiota si modifica. Sono stati condotti studi osservazionali preliminari sulla scala metagenomica dei cambiamenti microbici in piccoli gruppi di bambini africani appartenenti alla stessa etnia, che vivono in ambienti diversi (rurali e città) e confrontati con quelli di bambini che vivono in aree urbane italiane (Toscana). Lo studio è stato condotto con una profilazione funzionale predittiva di comunità microbiche utilizzando il gene marcatore di rRNA 16S.
stato osservato che quando vengono introdotti alimenti di origine animali ricchi di grassi e zuccheri semplici i profili del microbiolota intestinale cambiano. I bambini che seguono una dieta tradizionale africana, composta da cereali, legumi e verdure con conservano una prevalenza di Prevotella, Treponema, e Succinivibrio.
Indipendentemente dalla geografia e dall'etnia, nei bambini che vivono nelle aree urbane, questi generi batterici sono stati progressivamente eliminati da batteri più adatti al metabolismo di proteine animali, grassi e alimenti ricchi di zuccheri, analogamente a quanto accade nei bambini italiani.
Dr.ssa Valentina Ventura
Medico Chirurgo e Dottore Magistrale in Scienze dell'Alimentazione
Il microbiota è un ecosistema complesso che contiene più di 3 milioni di geni, codifica enzimi che generano a loro volta dei metaboliti i quali possono influenzare lo stato di salute.
Il carcinoma del colon-retto, con quasi 40 mila nuovi casi all’anno è tra i tumori a maggior incidenza nella popolazione italiana. Sebbene alcuni tumori del colon retto siano di origine genetica, fattori ambientali e comportamentali giocano un ruolo fondamentale nel determinare nello sviluppo della malattia.
Studi epidemiologici indicano che la dieta occidentale, ricca di carne e grassi, è un fattore di rischio, mentre una dieta ricca di fibre ha un'azione protettiva, in quanto porta ad una fermentazione saccarolitica dei carboidrati che ha come conseguenza la produzione di determinati acidi grassi a catena corta (SCFA), tra cui l’acetato, il propionato e il butirrato, che hanno proprietà antitumorigieniche.
La fermentazione proteolitica che si crea seguendo diete ricche di carne porta alla generazione di metaboliti infiammatori e cancerogeni come fenoli, ammoniaca, alcuni acidi grassi e altri metaboliti ricchi di azoto. Inoltre, diete ad alto contenuto di proteine e grassi promuovono la crescita di batteri solfato-riduttori e generano un eccesso di idrogeno solforato genotossico. Infine, le diete ad alto contenuto di grassi generano acidi biliari, ottimi substrati per alcuni particolari batteri che li convertono sostanze potenzialmente pericolose come l'acido litocolico e acido desossicolico. Infine, il microbiota intestinale ha l’importante funzione di modulare le risposte immunitarie e i fenomeni di infiammazione comportano ad una disregolazione della risposta immunitaria stessa. In questo contesto, diete mirate e personalizzate, volte a modificare la composizione della flora batterica intestinale, potrebbero evitare l'insorgenza del cancro o limitarne la progressione.
Dr.ssa Valentina Ventura
Medico Chirurgo e Dottore Magistrale in Scienze dell'Alimentazione
Le malattie degenerative della retina, pur non determinando mortalità nei pazienti che ne sono affetti, sono patologie ad elevato impatto sociale. Ad oggi non esiste alcuna terapia che possa essere utilizzata per la cura di queste patologie, infatti eventuali strategie terapeutiche sono ancora in fase di sperimentazione. Si stanno conducendo studi sul ruolo di specifici nutrienti come lo zafferano, la luteina la zeaxantina per le loro spiccate proprietà antiossidanti e il DHA.
Vi è percio un crescente interesse per il ruolo dei fattori nutrizionali nella malattia, essendo questi suscettibili di modifiche. Per tale motivo appare evidente che una terapia nutrizionale adeguata è un passaggio rilevante nel miglioramento della qualità di vita dei pazienti.
Dr.ssa Valentina Ventura
Medico Chirurgo e Dottore Magistrale in Scienze dell'Alimentazione
Uno studio caso-controllo che ha coinvolto 22 paesi in tutto il mondo ha recentemente evidenziato che 90% del rischio di ictus è spiegato da fattori di rischio modificabili, ponendo forte attenzione sulla necessità di elaborare strategie preventive mirate a ridurre l’impatto di questi eventi.
È stimato che un'alimentazione sana basata sulle linee guida dell’American Heart Association può aiutare a ridurre del 30% il rischio di malattia coronarica. Lo studio Predimed ha dimostrato che una dieta di tipo mediterraneo integrata con olio di oliva extravergine o noci è associata ad una riduzione del 29% dell'incidenza di eventi cardiovascolari e del 39% dell'incidenza dei costi cerebrale rispetto ad una dieta di controllo a basso contenuto di grassi.
In generale, poichè i nutrienti non si assumono singolarmente ma in combinazione tra loro, si è data particolare rilevanza al pattern dietetico ed in particolare alla dieta mediterranea. Una recente metanalisi di 12 studi ha riportato un’associazione inversa tra grado di adesione al modello mediterraneo e rischio di ictus (RR: 0,71, IC 95% 0,57 - 0,89).
Gli ulteriori dati a supporto di queste evidenze scientifiche, presentati nell’ultimo congresso, sono già stati inseriti nella preparazione dell’8° edizione delle Linee Guida Italiane per la Prevenzion ed il Trattamento dello Stroke da parte dell’ISO-SPREAD (Italian Stroke Organization and the Stroke Prevention and Educational Awareness Diffusion).
Dr.ssa Valentina Ventura
Medico Chirurgo e Dottore Magistrale in Scienze dell'Alimentazione
Ci sono molecole su molecole di cui poter parlare. La gran parte delle informazioni a riguardo non è raggiungibile da molti interessati, che possono quindi limitarsi a leggere quello che viene preparato da leggere in giro. Facciamo un esempio solo: gli antiossidanti.
Gli studi scientifici hanno dimostrato che lo stress ossidativo è una componente comune a molte patologie cronico degenerative. La consapevolezza degli effetti negativi che lo stress ossidativo ha sul nostro organismo, ha portato gli integratori di antiossidanti a raggiungere importanti successi di mercato: li assumono tutti, sportivi e non.
Non tutti sanno che alcune forme di esercizio fisico comportano una massiccia produzione di specie reattive dell'ossigeno e radicali liberi che arrecano un vero proprio danno all'organismo. Ma siamo così sicuri che chi pratica regolarmente attività fisica abbia necessità di integrare la propria dieta con antiossidanti?
Quando l'attività fisica diventa strenua si assiste ad aumento della perossidazione lipidica, dello stato trombofilico, alla diminuzione delle difese antiossidanti e all'aumento dei danni ossidativi a carico delle proteine. Al contrario un esercizio moderato rendono l'organismo più resistente allo stress ossidativo, poichè viene stimolato con varie reazioni biochimiche uno stato antiossidante. Inoltre, grazie all'esercizio fisico moderato e costante, l'organismo diventa resiliente e si adattatta alle nuove condizioni di stress. Agli inizi del 2000 diversi studiosi hanno spiegato le modificazioni indotte dall'esercizio fisico, attraverso lo studio degli adattamenti sul trofismo muscolare e sulla resistenza fisica: si è dimostrato che l'assunzione di antiossidanti sottoforma di integratori, quinndi di sostanze introdotte dall'esterno nel corpo, ha molto spesso un effetto controproducente! Infaatti, neutralizzando lo stress ossidativo indotto dall'esercizio moderato, si impedisce all'organismo di adattarvisi e quindi si bloccano tutti i miglioramenti che fare attività fisica comporta! Un'altra bufala senza fondamento è la dose-risposta: è assolutamente falso che che "più sostanza prendo, maggiore sarà l'effetto"...ma questo sarà oggetto di un altro articolo.
Dr.ssa Valentina Ventura
Medico Chirurgo e Dottore Magistrale in Scienze dell'Alimentazione
L'obesità infantile è uno dei maggiori problemi di salute pubblica in tutto il mondo. La sua prevalenza ha raggiunto le proporzioni di un'epidemia che si presenta sempre più in giovane età ed è ormai confermato che abbia la tendenza a persistere nell'età adulta con conseguente patologiche organiche ampiamente stabilite. Vi è crescente evidenza che l'obesità ad insorgenza infantile non sia soltanto un fattore di rischio per lo sviluppo di complicanze metaboliche in età adulta ma anche per lo sviluppo di disturbi alimentari in epoche successive. Tuttavia fino ad oggi è stata posta un'attenzione inferiore all'impatto psicologico che ne può essere conseguenza.
La società moderna percepisce l'obesità come non attraente e cosa rafforza l'opinione fusa e la magrezza sia necessaria per ottenere successo rispetto; i media enfatizzano la magrezza e spesso ritraggono coloro che sono affetti da obesità come soggetti che non possiedono forza di volontà e self-control. I bambini affetti da obesità sono spesso derisi per il preso dei proprietari e da membri della famiglia e questo riduce fortemente la loro autostima. L'atteggiamento dei genitori il supporto che potrebbero dare nel cambiamento comportamentale gioca nel ruolo importante nel sostenere questi bambini.
Esistono degli studi prospettici volti a stabilire la relazione temporale tra obesità in infanzia e l'insorgenza di disturbi alimentari. Berkowitz et al. hanno condotto uno studio prospettico in Svezia su 51 individui con storie di anoressia nervosa ad insorgenza in età adolescenziale trovando che questi, a differenza dei controlli sani, avevano sofferto in infanzia di obesità.
Nello studio retrospettivo osservazione condotto presso il laboratorio di dietetica e nutrizione clinica dell'Università di Pavia un gruppo di 537 soggetti sono stati valutati con lo scopo di analizzare se vi fosse associazione tra una storia positiva di obesità infantile e lo sviluppo di disturbi dell'alimentazione e della nutrizione (DAN) nell’età successive. I soggetti con storia di DAN, 118, sono stati confrontati con 429 soggetti non affetti, afferenti al centro per prevenzione primaria cardiovascolare e metabolica. I risultati hanno confermato l'associazione tra obesità sorgente infantile, storia materna di disturbi alimentari e la presenza di DAN in età successive.
Questi risultati sottolineano la necessità di aumentare la capacità di riconoscimento dei segni precoci dei disturbi dell'alimentazione.
Dr.ssa Valentina Ventura
Medico Chirurgo e Dottore Magistrale in Scienze dell'Alimentazione
Il WCRF rappresenta la fonte più autorevole per avere informazioni valide sulla relazione tra alimenti e prevenzione tumorale. L’ente ha rivisto tutta la letteratura scientifica fino al 2015, stilando precise RACCOMANDAZIONI su nutrizione e attività fisica, mirate a ridurre il rischio di tumore.
Tali informazioni sono utilizzabili da tutte le popolazioni. Vediamole insieme.
1. SEGUIRE UNA DIETA RICCA DI CEREALI INTEGRALI, VERDURE NON AMIDACEE, FRUTTA E LEGUMI, in modo da raggiungere i seguenti obiettivi nutrizionali:
2. CARNE
Limitare il consumo di carni rosse. Evitare se possibile o assumere in minima quantità I salumi e le carni conservate. Obiettivi nutrizionali:
3. ALCOL
Per la prevenzione del cancro è bene NON bere alcolici. Nel 2007 la raccomandazione era di bere in modo limitato, ma ora ci son forti evidenze che non esiste per nessun individio una dose protettiva o “non a rischio”. Indipendentemente dalla dose, l’alcol è un fattore di rischio per il cancro.
4. PESO
Mantenere il normopeso
5. CIBI LAVORATI
Limitare i cibi fast food e i cibi pronti con un’importante trasformazione industriale e ricchi in grassi, amidi e zuccheri.
Es: merendine, patatine, snack, biscotti, dolciumi, barrette e caramelle.
6. BIBITE CON ZUCCHERI SEMPLICI
Limitare il consumo di bevande zuccherate. Bere acqua.
7. ATTIVITA’ FISICA
Essere fisicamente attivi tutti i giorni: camminare di più e stare meno seduti.
Esistono poi indicazioni più precise circa le attività da svolgere e il tempo da dedicare…
8. PREVENZIONE SECONDARIA
Chi ha già avuto un tumore continui a seguire le altre raccomandazioni
Dr.ssa Valentina Ventura
Medico Chirurgo e Dottore Magistrale in Scienze dell'Alimentazione
Dalla revisione di tutte le metanalisi presenti in letteratura è emerso che la dose di 400 g di latticini magri al giorno riduce del 17% il rischio di cancro al colon. Sembra in effetti che il calcio contenuto nei latticini rivesta un ruolo protettivo.
È dimostrato anche che 200 g di latte al giorno diminuiscono rischio di cancro al colon del 6%. L'effetto positivo del formaggio invece non è stato dimostrato.
L'azione protettiva del latte sembra sia dovuta in parte al calcio, che influenza direttamente la crescita cellulare e l'apoptosi, in parte al fatto che una volta assorbito si lega gli acidi biliari secondari e agli acidi grassi liberi, svolgendo effetti protettivi sull'intestino.
Un’importante metanalisi ha messo in evidenza che un basso consumo di latticini a basso contenuto di grassi come latte e yogurt è un fattore protettivo nei confronti del carcinoma mammario.
Dr.ssa Valentina Ventura
Medico Chirurgo e Dottore Magistrale in Scienze dell'Alimentazione
Negli ultimi anni i latticini sono stati screditati da più parti, molto spesso senza evidenze scientifiche. I componenti del latte e derivati per i quali esistono ipotesi fisiologiche sono molteplici. Vediamo quelle di cui si parla tanto.
1-Fattore di Crescita insulino-simile IGF-1.
È un ormone prodotto dal fegato e circola nel sangue legato ad delle proteine; quando è legato non è un fattore di crescita. In forma attiva stimola la mitosi cellulare e inibisce l’apoptosi in molti tessuti. Elevati livelli di IGF-1 sono stati associati ad un aumentato rischio di tumore della mammella e della prostata. In alcuni studi è stato rilevato che livelli di IGF-1 nei vegani rispetto ai vegetariani o ai mangiatori di carne sono inferiori del 10%; in altri studi si evidenzia che la malnutrizione calorico-proteica determina una diminuzione dei livelli di IGF-1.
Tuttavia la sintesi endogena di IGF1, ovvero quello che produce il nostro corpo, dalla saliva dei fluidi biliari, dal succo pancreatico e dalle secrezioni intestinali è stimata essere 380 mila ng/die e quella del fegato e dei tessuti extraepatici intorno ai 100 milioni di ng/die.
L’IGF1 presente in un bicchiere di latte invece è pari a 4 ng ml, per cui in 1 Lt e mezzo di latte avrò circa 6000 ng di IGF1. Il contributo di IGF1 introdotto da latte bovino, quindi, è dello 0,06% rispetto a quello endogeno prodotto dal nostro corpo, cioè praticamente nullo, ed è inoltre improbabile che riesca ad evitare la proteolisi e sia assorbito nell'intestino e quindi passi in circolo come tale. In sostanza, noi l’IGF1 bovino proveniente dal latte non lo assorbiamo.
Ci sono degli studi condotti su topi appena nati che dimostrerebbero il contrario ma in questo caso è importante evidenziare che la membrana intestinale nel ratto neonato non è ancora matura e questo favorirebbe l’assorbimento dell’ IGF1 bovino.
2-Estrogeni
Gli estrogeni svolgono un ruolo importante nell'eziologia di diversi tumori come mammella, endometrio e ovaio attraverso un effetto sul controllo della crescita e differenziazione cellulare e attraverso l'aumento dell'espressione del recettore degli GF1 e una diminuzione della sintesi delle proteine che lo tengono legato.
Gli estrogeni sono molecole diverse dotate di un'attività biologica molto diversa tra loro. La loro concentrazione è più alta nei prodotti con più grassi.
Una porzione di latte al 2% di grassi contiene infatti 1,4 nanogrammi di estragone e 0,22 ng di 17 beta estradiolo. In fase prepuberale una donna secerne 54.000 ng al giorno dei due ormoni e l'uomo 100.000 ng. Nella fase adulta nella donna diventano 630.000 ng mentre nell’uomo 140.000 nanogrammi al giorno.
Si evidenzia quindi come la quota di estrogeni presenti nei latticini sia minimale rispetto alla produzione endogena sia per l’uomo che per la donna.
Gli estrogeni del latte vengono inoltre metabolizzati dalla flora intestinale e dal fegato e quindi hanno anche una bassissima biodisponibilità.
3-Contaminanti del latte
Sono pesticidi, aflatossine e inquinanti di origine industriale. Le mucche possono assorbire questi composti tramite diverse vie. Il monitoraggio spetta all'Asl di competenza.
Dr.ssa Valentina Ventura
Medico Chirurgo e Dottore Magistrale in Scienze dell'Alimentazione
Negli ultimi anni si sono diffuse molte bevande vegetali vendute con il nome di “latte” ma è bene specificare che questi prodotti contengono proteine molto meno assorbibili e in concentrazioni molto minori rispetto al latte (il “latte di soja” è l’unico con un buon tenore di proteine).
Queste bevande sono inoltre contraddistinte da un altissimo indice glicemico, nocivo per il nostro metabolismo cellulare.
Va infine tenuto in debita considerazione che tali bevande, spesso, sono importate o realizzate con ingredienti importati da paesi con normative diverse in fatto di coltivazione e normative sugli OGM
Dr.ssa Valentina Ventura
Medico Chirurgo e Dottore Magistrale in Scienze dell'Alimentazione
STUDIO CARET (Beta-Carotene and Retinol Efficacy Trial)
È stata presa in studio una popolazione ad alto rischio di più di 18.000 soggetti fumatori ed esposti professionalmente all'asbesto. Le persone sono state randomizzate in due gruppi. Ad un gruppo è stata somministrata vitamina A sottoforma di betacarotene e retinil Palmitato (30 mg/die+25.000Ul) per ogni giorno; nell'altro gruppo un placebo. Lo studio sarebbe dovuto durare otto anni ma è stato interrotto dopo sei anni perché eticamente non era più possibile proseguire: è stato riscontrato che vi era un aumento del 16% delle morti per malattie cardiovascolari nei soggetti che assumevano vitamina A, un aumento del 28% dell'incidenza di tumore al polmone negli stessi soggetti e un aumento del 17% della mortalità totale. Questo dimostra che non è il singolo principio attivo a svolgere un ruolo anticancro e che l'efficacia non è sempre dose-dipendente ma che probabilmente è il ruolo dei singoli principi attivi che diventa sinergico all'interno di una nutrizione sana e variata. Focalizzare quindi sul singolo nutriente o sulla singola molecola è fuorviante. Oltretutto alcune azioni protettive nei confronti delle nostre cellule non sono ancora ben note.
Dr.ssa Valentina Ventura
Medico Chirurgo e Dottore Magistrale in Scienze dell'Alimentazione
Durante la gravidanza l'organismo della futura madre va incontro ad una serie di adattamenti fisiologici che rappresentano il punto di partenza per il buon esito della gravidanza. Essi comprendono modificazioni endocrino-metaboliche, cardiologiche, renali, ematiche e immunitarie, di natura anatomica, funzionale e biochimica.
La principale modificazione del metabolismo che avviene durante il periodo gestazionale riguarda i glucidi, con lo sviluppo, per effetto degli ormoni placentari, di insulino-resistenza, che permette un corretto flusso di nutrienti al feto in accrescimento. Si parla pertanto di effetto diabetogeno.
Il feto non è in grado di sintetizzare autonomamente il glucosio che rappresenta il suo principale substrato energetico. Il glucosio attraversa la placenta attraverso un processo di diffusione facilitata mediata da carriers. Pertanto, il passaggio del glucosio dipende solo dalla glicemia materna e non anche dall'insulinemia.
Nella prima parte della gravidanza si assiste ad una iperinsulinemia che provoca un aumento dei livelli di glicemia post-prandiale. Parallelamente a questo, si osserva un iniziale aumento dell’insulino-sensibilità, con conseguente aumento dell’utilizzazione periferica del glucosio, a livello tissutale ed una riduzione della glicemia a digiuno, aumento della glicogeno sintesi e riduzione della gluconeogenesi da parte del fegato. Si assiste quindi ad una condizione di iniziale anabolismo fetale.
Nella seconda parte della gravidanza, si osserva un progressivo aumento della resistenza all’insulina da parte dei tessuti periferici, con conseguente aumento della secrezione di insulina e della la glicemia post-prandiale. L’aumento di insulino resistenza sembrerebbe avvenire principalmente nel muscolo scheletrico.
L’effetto diabetogeno dato dall’insulinoresistenza è massimo nel terzo trimestre e scompare velocemente nel post partum.
L'energia per la madre, in condizioni di digiuno, arriva dai trigliceridi: nella seconda metà della gestazione aumentano i trigliceridi circolanti.
Anche l'aumento di estrogeni e l'aumento di insulina determinano una inibizione della lipolisi.
Anche le proteine partecipano alla condizione di anabolismo, in quanto aumentano i tessuti fetali ma, parallelamente, anche quelli materni, come mammella, utero, tessuto adiposo, placenta. La concentrazione plasmatica di aminoacidi liberi nel sangue materno tende a diminuire in gravidanza, sia durante il digiuno (per aumento dell’uptake epatico e della neoglucogenesi) che nel periodo postprandiale (per emodiluizione gravidica e aumento di utilizzo materno e fetale).
Studi sul bilancio azotato hanno evidenziato che gli aminoacidi non vengono utilizzati dalla madre a fini energetici ma conservati per essere resi disponibili per le esigenze nutritive e strutturali del feto e la neosintesi tissutale materna.
Il passaggio transplacentare dell'eccesso di glucosio nel sangue materno è responsabile di iperglicemia fetale e dell’eccessivo sviluppo dei tessuti insulino-sensibili nel bambino, crescita eccessiva ed ipoglicemia dopo la nascita.
Le alterazioni a carico del metabolismo epatico e del tessuto adiposo a fronte alla condizione di resistenza all'insulina, determinano nella gestante uno stato di dislipidemia. Gli acidi grassi derivati dai trigliceridi attraversano facilmente la placenta e possono determinare macrosomia fetale.
L'iperglicemia postprandiale è il fattore critico per l'eccessiva crescita fetale. Il valore della glicemia postprandiale dopo un'ora, più che quello dopo due ore, correla con la macrosomia.
Dr.ssa Valentina Ventura
Medico Chirurgo e Dottore Magistrale in Scienze dell'Alimentazione
Già al momento di programmare una gravidanza, le donne possono adottare alcune precauzioni volte al mantenimento del benessere loro e di chi arriverà.
Un attento comportamento preventivo, suggerisce che, già al momento di programmare una gravidanza è bene integrare l’organismo con acido folico, sottoforma di pastiglie o capsule, alla dose di 400 µg/die, possibilmente iniziando 4 settimane prima del concepimento fino alla 12° settimana di gestazione.
E’ corretto che la donna si sottoponga ad esami di laboratorio, in particolare per la ricerca degli anticorpi specifici contro il Toxoplasma Gondii (portatore della toxoplasmosi) e contro il Citomegalovirus oltrechè per altre malattie (ad esempio la rosolia), poichè se contratte in gravidanza potrebbero nuocere gravemente alla salute del feto.
Infine, va sottolineato che le donne che prima e durante la gravidanza pratichino almeno 30-60 minuti di esercizio fisico al giorno, incorrono in una minore frequenza di parti prematuri.
Focalizzando l’attenzione sulla nutrizione, va sottolineato che essa è uno strumento necessario, che soddisfa le richieste energetiche materne e fornisce al feto il substrato indispensabile per la sua crescita, sia in termini quantitativi che qualitativi, tenendo conto delle diverse esigenze nutrizionali che maturano lungo il periodo gestazionale.
Molte sono le considerazioni che devono motivare le donne a mantenere un adeguato stato nutrizionale, prima e durante la gravidanza, poichè esso ha molteplici implicazioni positive:
Il Ministero della Sanità, nel 2010, ha esplicitato che la supplementazione marziale (di ferro) non deve essere offerta di routine alle donne gravide poichè non rappresenta un beneficio alla salute di madre e nascituro e non è scevra da effetti collaterali.
Le raccomandazioni generali che devono essere fatte possono essere così elencate e riassunte:
Un approfondimento merita l’assunzione di eventuali bevande alcoliche. E’ noto infatti che l’alcol assunto in gravidanza è pericoloso ed è responsabile della sindrome feto-alcolica, un insieme di alterazioni comportamentali e malformative che si verificano nel feto. Sono stati condotti degli studi volti a stabilire se vi fosse una dose sicura ma attualmente non è stata ancora dimostrata una soglia di sicurezza. Pertanto, in attesa di ulteriori e più definiti dati, si sconsiglia alle gravide l’assunzione di alcol.
Dr.ssa Valentina Ventura
Medico Chirurgo e Dottore Magistrale in Scienze dell'Alimentazione
Rappresenta la complicanza più frequente delle gravidanze a rischio ed è in stretto rapporto con sovrappeso ed obesità.
La resistenza all'insulina che accompagna la gravidanza generalmente rimane fisiologica ma, con prevalenza del 3-10%, si evolve in una condizione denominata diabete gestazionale, che condivide con il diabete mellito di tipo 2 le tipiche alterazioni molecolari e l'evoluzione della patogenesi.
La diagnosi di diabete gestazionale è definita dalla presenza di glicemia a digiuno ≥126 mg/dl, oppure di un valore di glicemia random ≥200 mg/dl oppure da un valore di emoglobina glicata HaA1 ≥ 48 mmol/mol (≥6,5%), che deve essere riconfermato in una successiva occasione.
Il notevole incremento del diabete tipo 2, anche in età fertile, ha reso frequente il riscontro di donne affette da diabete non diagnosticato che intraprendono la gravidanza, le quali hanno un rischio elevato di complicanze materne e fetali, comprese le malformazioni. La condizione definita “diabete manifesto” (overt diabetes in pregnancy), necessita di un approccio simile a quello che viene raccomandato per il diabete pregestazionale. Per tale motivo, negli ultimi anni, le principali linee-guida raccomandano di porre una specifica attenzione allo screening di questa condizione, che deve essere effettuato il più precocemente possibile, con le stesse modalità messe in atto al di fuori della gravidanza.
La diagnosi del GDM è rilevante per l’esito della gravidanza e rappresenta, inoltre, un’importante occasione di prevenzione della malattia diabetica nella madre.
Ιl GDM insorge più frequentemente nella seconda parte dalla gravidanza. Per tale motivo l’epoca ottimale per lo screening è attorno alla 24-28° settimana di gestazione.
La valutazione iniziale di una donna in gravidanza deve prevedere due aspetti: lo screening del diabete manifesto e quello per il diabete gestazionale.
Dr.ssa Valentina Ventura
Medico Chirurgo e Dottore Magistrale in Scienze dell'Alimentazione